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FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI CULTURALI E SCIENTIFICHE
Milano

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Sguardi sul mondo attuale

di Paul Valery

Civilisation, according to the
interpretation of the Occident,
serves only to satisfy men of
large desires.
VISCONTE TORIO

Nel settembre del 1895, in Cina, in un giorno azzurro e bianco, il letterato mi condusse a un faro di legno nero, sulla sabbia del lido. Ci lasciammo alle spalle gli ultimi boschetti. Camminammo, sonnolenti, assopiti dalla mollezza del suolo soffice come cipria, dal quale i nostri sforzi erano assorbiti, e che cedeva sotto i nostri passi. Abbandonammo la sabbia, infine. Guardai, come a riepilogarla, la traccia lieve del nostro percorso torcersi e disperdersi sulla spiaggia. Vidi tra i sostegni del faro ammiccare la luce dell'acqua. A ogni scalino diventavamo più leggeri, e respiravamo e vedevamo di più. Verso la metà della salita diventammo più pesanti. Fortunatamente, cominciò a soffiare un vento forte e molto sostenuto: eccolo brancolare in cerca delle tiepide aste di legno attraverso la seta rigonfia della veste del cinese. Il mare saliva con noi. L'intera veduta ci si offrì come un alimento fresco. Si stava così bene, lassù, che avvertimmo ben presto un piccolo bisogno da soddisfare. Dopo un pausa trascurabile, la dolce regolarità del movimento, della bonaccia, ci avvinse. Il mare, teneramente commuovendomi, mi faceva arrendevole. Riempiva tutto il resto della mia vita, con una grande perseveranza che mi dava piacere: mi indeboliva, mi sentivo diventare regolare. L'agile accavallarsi delle onde mi dava la sensazione di fumare, dopo aver molto fumato, e di dover fumare ancora all'infinito. Fu allora che il ricordo edulcorato di molte cose importanti si affacciò senza sforzo alla mia mente: provai una sovrana voluttà nel pensarvi con noncuranza; sorrisi all'idea che quel benessere potesse eliminare certi errori, e illuminarmi. Dunque... Abbassai le palpebre, altro non vedendo del mare scintillante se non ciò che si scorge di un bicchierino di liquore dorato, sollevato fino agli occhi. E chiusi gli occhi. I suoni dell'andirivieni dell'acqua mi colmavano.
Non so come venne al mio compagno il desiderio di parlare e di vincere l'aria deliziosa, l'oblio. Alle prime parole oscure, Dicevo a me stesso: Che cosa dirà mai?
"Il Giappone" disse "ci fa la guerra. Le sue grandi navi bianche fumano nei nostri brutti sogni. Turberanno i nostri golfi. Accenderanno fuochi nella notte placida".
"Sono molto forti" sospirai "ci imitano".
"Siete dei bambini, voi," disse il cinese "conosco la tua Europa".
"L'hai visitata sorridendo"
"Forse ho sorriso. Di sicuro, nascosto agli altrui sguardi, ho riso il volto che solo io mi vedo rideva molto, mentre gli allegri beffeggiatori che mi seguivano e mi segnavano a dito non avrebbero potuto tollerare il riflesso del loro stesso riso. Ma io vedevo e toccavo con mano il disordine insensato dell'Europa. E non riesco a capire nemmeno la durata, pur brevissima, di una tale confusione. Voi non avete né la pazienza di cui sono intessute le lunghe vite, né il senso dell'irregolarità, né quello del posto più eletto per una cosa, né la conoscenza del governo. Vi esaurite ricominciando perennemente da capo l'opera del primo giorno. In questo modo i vostri padri sono morti due volte, e voi avete paura della morte.
"Da voi, il potere non può nulla. La vostra politica è fatta di pentimenti, porta a rivoluzioni generali, e poi ai rimpianti delle rivoluzioni, che sono rivoluzioni a loro volta. I vostri capi non comandano, i vostri uomini liberi lavorano, i vostri schiavi vi fanno paura, i vostri grandi uomini baciano i piedi delle folle, adorano i meschini, hanno bisogno di tutti. Siete in balia della ferocia della ricchezza e dell'opinione pubblica. Ma considera tu stesso il più eletto dei vostri errori.
"Per voi, l'intelligenza non è una cosa come le altre. Non è né prevista, né ammortizzata, né protetta, né repressa, né guidata; voi la adorate come una bestia vincente. Ogni giorno divora ciò che esiste. Vorrebbe portare a compimento ogni sera un nuovo stato della società. Un singolo che ne sia inebriato confronta il proprio pensiero con le deliberazioni delle leggi, con i fatti stessi, nati dalla folla e dalla durata: confonde il rapido mutamento del suo animo con l'impercettibile variare delle forme reali e degli Esseri duraturi. (Nel durare di un fiore, sono esistiti mille desideri; mille volte si è potuto godere di aver scoperto l'imperfezione della corolla... mille corolle ritenute più belle sono state colorate dal pensiero, ma sono scomparse...). E' a causa di questa legge che l'intelligenza disprezza le leggi... e voi incoraggiate la sua violenza! Ne andate pazzi, finché non sopravviene la paura. Le vostre idee infatti sono terribili, e i vostri cuori deboli. Le vostre pietà, le vostre crudeltà sono assurde, senza requie, quasi irresistibili. Insomma, voi temete il sangue, lo temete sempre più. Temete il sangue e il tempo.
"Caro barbaro, amico imperfetto, io sono un letterato del paese di Thsin, vicino al mare Blu. Conosco la scrittura, il comando in guerra e l'organizzazione dell'agricoltura. Voglio ignorare la vostra smania per le invenzioni e la vostra orgia di idee confuse. Io so qualcosa di più grande. Sì, noi, uomini di qui, divoriamo a milioni, continuativamente, le vallate più benigne della terra; e la profondità di questo golfo immenso di individui conserva sin dai tempi primitivi la forma di una famiglia ininterrotta. Ogni uomo di qui si sente figlio e padre, dal mille al diecimila, e si vede compreso nel popolo attorno a lui, e nel popolo morto sotto di lui, e nel popolo a venire, come il mattone nel muro di mattoni. Tiene. Ogni uomo di qui sa che senza questa terra gremita egli è nulla, e nulla al di fuori dell'edificio mirabile degli antenati. Nel punto in cui gli avi si scolorano, cominciano le torme degli Dei. Chi medita può misurare nel suo pensiero la bella forma e la solidità della nostra torre eterna.
"Pensa alla trama della nostra razza; e dimmi, voi che tagliate le vostre radici e disseccate i vostri fiori, perché esistete ancora? Durerà a lungo?
"Il nostro impero. è intessuto di vivi e di morti, e della natura. Esiste perché concilia tutte le cose. Qui, tutto è storico: un certo fiore, la dolcezza di un'ora che passa, il tenero incarnato dei laghi dischiusi dal raggio, un'eclissi commovente.., intorno a queste cose, gli spiriti dei padri si incontrano con i nostri. Le cose si riproducono e, mentre noi ripetiamo i suoni che essi hanno assegnato loro come nomi, il ricordo ci unisce agli avi e ci rende eterni.
"Cosiffatti, sembriamo dormire e siamo disprezzati. Eppure, tutto si dissolve nella nostra mirabile quantità. I conquistatori si perdono nella nostra acqua gialla. Gli eserciti stranieri annegano nel flusso delle nostre generazioni, o si schiantano contro i nostri antenati. Le cascate maestose dei nostri fiumi di esistenze e il sempre crescente irrompere dei nostri padri li vincono.
"Ci serve dunque una politica senza fine, che raggiunga i due estremi del tempo, guidando mille milioni di uomini, di padre in figlio, senza che i legami si lacerino o si imbroglino. Ecco l'immensa direzione senza desiderio. Voi ci giudicate inerti. Noi, semplicemente, conserviamo saggezza sufficiente per crescere in modo smisurato, al di là di ogni potenza umana, e per vedervi, nonostante la vostra scienza furiosa, affondare nelle acque gonfie del paese di Thsin. Voi, che sapete tante cose, Ignorate le più antiche e le più forti, e desiderate con furore quanto è immediato, distruggendo al contempo i vostri padri e i vostri figli.
"Dolci, crudeli, raffinati o barbari, noi siamo ciò che è necessario al momento giusto. Non vogliamo sapere troppo. La scienza degli uomini non deve crescere indefinitamente. Se si sviluppa sempre, provoca un turbamento incessante e a sua volta dispera. Se si ferma, ecco apparire la decadenza. Ma noi, che pensiamo a una durata più forte della forza dell'Occidente, evitiamo l'ebbrezza insaziabile di sapienza. Conserviamo le nostre antiche risposte, i nostri Dei, i nostri livelli di potenza. Se non si fosse mantenuto ai superiori l'aiuto inesauribile delle incertezze dell'animo, se, distruggendo la semplicità degli uomini, si fosse suscitato in loro il desiderio e modificata la nozione che hanno di se stessi — se i superiori fossero rimasti soli in una natura divenuta ostile, faccia a faccia col numero spaventoso dei sudditi e con la violenza dei desideri —, avrebbero finito per soccombere, e con loro tutta la forza dell'intero paese. Ma la nostra scrittura è troppo difficile. E politica. Racchiude Le idee. Qui, per poter pensare, bisogna conoscere un gran numero di segni: ci arrivano solo i letterati, a prezzo di una fatica immane. Gli altri non possono riflettere in modo profondo, né elaborare i loro informi progetti. Sentono, ma il sentimento è sempre una cosa chiusa. Tutti i poteri contenuti nell'intelligenza restano dunque in mano ai letterati, e sulla difficoltà e sull'intelletto si fonda un ordine incrollabile.
"Ricordati ora che le vostre grandi invenzioni ebbero da noi il loro germe. Capisci adesso perché non sono state proseguite? La Loro speciale perfezione avrebbe guastato la nostra lenta e grande esistenza turbando il regime elementare del suo corso. Vedi dunque che non bisogna disprezzarci, se abbiamo inventato la polvere da sparo per brandire, la sera, fuochi d'artificio".

Guardo. Il cinese, riguadagnando i boschetti dell'interno, si è già fatto piccolissimo sulla sabbia. Lascio passare alcune onde. Sento fremere lievemente nella brezza o in un vapore di arbusti, dietro di me e lontano, un insieme di uccelli di ogni specie. Il mare mi blandisce.
A che cosa pensare? Pensavo? Cosa c'è ancora da cogliere? Dove respingere ciò che ora mi carezza, appagante, abile, naturale? Muoversi, gustando certe difficoltà, là dentro, nell'aria?... Tu mi riposi, semplice idea di trasportarmi così in alto, e, con il minimo slancio, così vicino a ogni punta d'onda che muore; o di arrivare presso ogni cosa, pur desiderata infinitamente poco, senza nessuno sforzo, in un tempo impercettibile rispetto a tragitti immensi, divertenti di per sé, così agevoli, e poi fare ritorno. Mi sento attratto; in questa calma, la mia più piccola idea si corregge, lasciandosi, in tutta l'estensione, soddisfare, improvvisando subito la propria esecuzione perfetta e il piacere di appagarsi che la conclude. Essa muore ogni volta, non prima di aver ricreato l'insieme precedente. Ma tutte le altre la imitano, e del pari si esauriscono, voluttuosamente, poiché l'unione di luce e pensiero che in questo momento mi costituisce, rimane ancora identica. Allora, il cambiamento è nullo. Il tempo non cammina più. La mia vita si posa.
Quasi niente me lo fa avvertire, poiché ad ogni minuto riconquisto il precedente; e la mia mente volteggia, da qui, verso ogni dove. Tutto quel che è possibile viene beccato... Se tutti i punti della presente estensione si confondono successivamente — se posso porre fine così presto a ciò che prosegue — se quest'acqua scintillante che gira e sprofonda come una vite luccicante in lontananza alla mia sinistra — se questa caduta di neve dorata, sottile, posata al largo, di fronte...
Ormai, aperto come un'ostrica, il mare mi rinfrescava al sole con lo scintillio del suo incarnato grasso e umido: sento così l'acqua, vicinissima, bere a lungo, o, nel legno del faro, saltare alla corda, o emettere un brusio di galline.
Per meglio ascoltarla, tronco lo sguardo. Abbasso le palpebre, e ben presto vedo muoversi due o tre piccole finestre luminose, preziose: lunette arancioni che si contraggono e sono sensibili; un'ombra dove vanno a sbattere accecando anche me. Voglio allora ricostruire tutta la prospettiva appena oscurata; richiamo i tanti blu, e le linee chiuse del tessuto semplice disteso su una cosa tremolante; costruisco un'onda che gonfia e mi solleva..
Ne posso fare mille. Perché? E il mare che formavo, sparisce. Già, io ragiono, e trovo.
Riapriamo. Ritorniamo alla luce fissa. Qui bisogna lasciarsi andare.
Eccole tutte là. Si accavallano: io mi accavallo. Mormorano: io parlo. Si lacerano in frammenti, si lambiscono, ritornano, fluttuano ancora, spumeggiano e mi lasciano morente su una sabbia baciata. Rivivo in lontananza nel primo, minimo rumore che risuscita, al limitare del largo. Mi ritorna la forza.
Nuotare contro di esse — no, nuotare su di esse — è la stessa cosa; dritto nell'acqua dove i piedi si smarriscono, petto in fuori, gli occhi perduti senza peso, senza corpo...
L'individuo, allora, sente profondamente il suo legame con ciò che scorre sotto i suoi occhi, con l'acqua.

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